Otto per mille Chiesa Avventista

Testimonianza di un\’infermiera avventista che svolge la sua professione all\’interno del reparto di Terapia Intensiva

Oggi, a più di un mese dall’emergenza COViD-19, ho voglia di raccontarmi, di raccontare la storia di chi, come me, vive continuamente carichi emotivi importanti e molti forse nemmeno lo sanno.

Voglio iniziare dalla teoria, perché tante persone, a meno che non abbiano avuto la sfortuna di viverci di persona per un po’, non hanno idea di cosa vuol dire “terapia intensiva”.

Togliamoci dalla testa l’idea ottocentesca di Sgarbi che l’infermiere è il primo coglione (passatemi il termine) che passa per strada deputato a dare conforto alle persone malate. E partiamo dal presupposto che in ogni reparto, l’infermiere è il professionista sanitario che ha studiato 3 anni e oltre, per comprendere e svolgere a pieno l’assistenza infermieristica che, a differenza di altre figure, prevede un approccio olistico, salute psicologica compresa. Premesso ciò, in terapia intensiva l’infermiere si sobbarca di altre responsabilità (oltre le solite del reparto), ovvero:

  • ha a che fare ogni giorno con principi di fisiologia in cui è fondamentale trovare o mantenere equilibri stabili da comunicare al medico;
  • ha a che fare continuamente con macchinari che si sostituiscono al quotidiano lavoro dei vostri organi, per cui è prevista una formazione continua in merito;
  • si occupa dell’umore dei pazienti che spesso sono ricoverati per lungo tempo in stanze che il più delle volte sono senza finestre, perdendo qualsiasi senso di orientamento e ritmo fisiologico;
  • si occupa della famiglia del paziente, che naturalmente è preoccupata e soffre;
  • nel malaugurato caso il paziente morisse, l’infermiere in terapia intensiva si occupa della gestione familiare del lutto, è lì che soffre e condivide con voi il dolore, perché come voi, anche noi siamo umani!

Il COVID-19 sta mettendo a dura prova il sistema sanitario italiano, che nel corso degli anni ha subito continue scelte di tagli economici a riguardo. Insieme ai colleghi medici e ausiliari, noi infermieri ci siamo adattati ad ogni condizione:

  • rientri a lavoro sui nostri giorni di riposo;
  • straordinari non pagati;
  • ore di vestizione e svestizione non riconosciute;
  • stipendi ai limiti della vivibilità;
  • indennità di rischio pagate con prezzi ridicoli ecc ecc…

Il mio primo pensiero scrivendo questo articolo, va ai miei colleghi e amici dell’ospedale Sacco di Milano, dove fino a un anno e mezzo fa, mi trovavo. A loro, che sono stati tra i primi ad affrontare l’emergenza e che continuano a farlo ogni giorno, dedico un forte abbraccio virtuale.
Oggi, sentendo la notizia di gente che continua ad essere per strada e di altra che continua a emigrare verso il sud, ho paura che non si sappia cosa vuol dire vivere le 8/10 ore lavorative con indosso mascherine che ti lacerano la faccia, ho paura che non si sia mai provata la sensazione di “sciogliersi” all’interno di tute e camici impermeabili per ore o di dover lavorare per ore chiedendoti se hai fatto tutto in quella stanza dove l’ossigeno sembra mancarti e la vista si appanna sugli occhiali e soprattutto se l’hai fatto senza rischiare anche tu la vita e di conseguenza quella dei tuoi cari a casa. Già, perché delle famiglie le abbiamo anche noi!
Non è semplice lavorare così, ma non è semplice nemmeno tornare a casa e avere in mente ancora la sofferenza dei pazienti, la preoccupazione delle continue chiamate dei parenti, le mille cose da fare a lavoro, la stanchezza fisica, la paura del contagio, gli incubi di un inconscio turbato.
A me e a tutti i miei colleghi dico \”Forza! Non molliamo!\”.
Un grazie anche alle istituzioni e alle forze dell’ordine, che come noi lavorano non stop in questo periodo. Mentre, al resto dell’Italia, cercate di mantenere la calma, non fatevi prendere dall’emotività, siate altruisti pensando a chi è più cagionevole di salute e restate a casa per tutelarlo. Riscoprite il valore del tempo perduto in questi anni correndo dietro a lavoro, mode, tendenze e dedicatevi a voi, rilassandovi e facendo quello che magari avevate già in mente da un po’, come costruire un modellino o leggere un buon libro. Ma soprattutto: pregate! Pregate perché tutti insieme possiamo trovare la forza di superare questo momento difficile nel migliore dei modi!

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